Con i porti chiusi in seguito all’emergenza Covid-19, il settore della pesca rischia un gravissimo contraccolpo. Parliamo di circa 12mila aziende e 28mila lavoratori. Il governo italiano e l’Unione europea hanno gli strumenti per intervenire e devono farlo subito.
E’ incomprensibile che, come denunciato dalle organizzazioni di categorie, la pesca sia stata esclusa dai provvedimenti dell’ultimo decreto dell’esecutivo. Servono fondi per assicurare la cassa integrazione e la sospensione degli oneri fiscali e contributivi, oltre ai pagamenti delle rate di mutui e prestiti.
Bisogna concordare con Bruxelles misure ad hoc e straordinarie nel quadro del Feamp, a partire dallo sblocco dei pagamenti per i fermo pesca già effettuati e non ancora pagati. Senza dimenticare le garanzie per consentire l’accesso al credito ai pescatori.
Tutto questo va fatto subito: ogni giorno che un pescatore trascorre lontano dal mare è una perdita per il reddito suo e della sua famiglia. Se non si agisce, il rischio è che l’emergenza coronavirus diventi il colpo mortale inferto a un settore già duramente indebolito da politiche sbagliate attuate a livello comunitario