L’accordo raggiunto ieri al Consiglio Ue sulle importazioni di prodotti agricoli dall’Ucraina è un passo avanti ma non sufficiente. Sostenere Kiev non vuol dire mettere a rischio i nostri agricoltori, sarebbe controproducente per tutti. Quindi bene la decisione di istituire dei freni di emergenza su pollame, uova, zucchero, avena, granturco, semole e miele più stringenti di quelli proposti dalla Commissione europea. Ma resta il nodo del grano, per il quale non è prevista la possibilità di far scattare il contingente tariffario. Il governo italiano ha chiesto e ottenuto che Bruxelles rafforzi il monitoraggio degli impatti delle importazioni di grano e cereali, ma permangono i rischi per le nostre imprese. Oggi i magazzini sono pieni e i prezzi molto bassi, per questo è fondamentale includere il grano tra i prodotti suscettibili di una clausola di salvaguardia automatica sull’import.
L’Europa non ha ancora compreso appieno la situazione di crisi del settore primario. La revisione della Pac concordata questa settimana dal Consiglio Ue è un passo avanti, ma non sufficiente. Se da un lato Bruxelles ha accolto le nostre richieste, come lo stop alle controverse condizionalità ecologiste che avrebbero colpito la nostra sovranità alimentare, dall’altro poco o nulla è stato fatto per contrastare l’invasione di prodotti agricoli dall’estero. Il tutto mentre la Commissione continua sotto banco i suoi negoziati per chiudere l’accordo commerciale con i Paesi del Mercosur. In Europa serve un cambio di passo deciso per salvare davvero la nostra agricoltura