La revisione della direttiva sulle emissioni industriali, per come è stata concepita, rappresenta un grave rischio per la sovranità e la sicurezza alimentare, e potrebbe costringere migliaia di aziende alla chiusura, con conseguenze enormi per l’occupazione e per l’economia delle aree rurali. Le emissioni dell’agricoltura non possono essere paragonate a quelle di altri settori industriali, come propone la Commissione europea. È sbagliato da un punto di vista scientifico, in primo luogo: il metano prodotto dagli allevamenti è riassorbito in tempi rapidi dalle piante e rientra nel ciclo vitale.
Inoltre, con il potenziamento del carbon farming, agricoltura e allevamenti potrebbero compensare le loro emissioni diventando settori chiave per raggiungere la neutralità climatica. La proposta di Bruxelles sembra dimenticare tutto questo, e si basa su dati obsoleti. Per esempio, dimentica di dire che in Europa il peso delle emissioni del settore agricolo è tra il 7 e il 10%, nettamente inferiore a quello del resto del globo (14%). In Italia, poi, tale valore è ancora più basso, intorno al 5%.
Ancora una volta, l’ideologia ecologista dell’Ue rischia di provocare un danno enorme alle nostre aziende, che applicano gli standard più elevati al mondo, a favore dell’importazione da Paesi terzi, dove l’impatto della produzione sul clima è ben più alto, o peggio della carne artificiale. In commissione Agricoltura al Parlamento europeo ci siamo opposti con successo a questa pericolosa deriva. Adesso, la battaglia si sposta in commissione Ambiente.
Noi della Lega faremo tutto il possibile per difendere i nostri allevatori