La legittima battaglia per rendere più sostenibile il comparto agroalimentare non può trasformarsi in una caccia alle streghe contro chi consuma e produce carne. Mangiare carne non è un reato, e gli allevatori non sono dei delinquenti che vanno eliminati dai finanziamenti europei. Lo dico innanzitutto alle ong come Greenpeace, che continuano a usare la loro forza mediatica e i lauti compensi privati (su cui bisognerebbe un giorno fare chiarezza), per mettere pressione sulla Commissione europea affinché elimini i prodotti a base di carne e latticini dai fondi comunitari per la promozione dei beni agoalimentari all’estero. Fondi che, per esempio, servono ai nostri consorzi anche per tutelare pezzi pregiati del made in Italy da falsi e imitazioni.
Ma lo dico anche alla stessa Commissione europea, che sembra cedere a queste pressioni. Lo dimostra il questionario, denunciato dagli allevatori italiani, in cui si chiede un parere ai cittadini su come indirizzare la revisione della politica agricola Ue nel 2021. Peccato che prima di fare rispondere i cittadini, il questionario ricordi che tale politica dovrebbe favorire ‘il passaggio a una dieta più vegetale, con meno carne rossa e/o lavorata insieme ad altri alimenti legati al rischio di cancro’. Si tratta di un sondaggio subdolo, che sembra volere sposare le tesi vegane (e di potenti multinazionali) per cui in futuro dovremmo mangiare solo carne prodotta in laboratorio. Contro tutto questo bisogna alzare la voce a Bruxelles, come stiamo facendo da tempo noi della Lega: in ballo c’è il futuro di un settore e di migliaia di lavoratori che hanno già fatto grandi passi avanti per rendere la zootecnia più sostenibile. E che, al contrario di quello che dice Greenpeace, merito maggiori sostegni proprio per proseguire in questo percorso.