C’è un bando dell’Unione europea che finanzia media e organizzazioni che promuovono con programmi televisivi, articoli o eventi le best practices dei nostri agricoltori.
Si tratta di un bando che reputo utile perché da un lato aiuta a dare visibilità all’impegno di imprese e lavoratori del settore, sostenendo al contempo i media specializzati, dall’altro consente di riflettere sulle effettive efficacia e utilità delle politiche agricole dell’Ue. Per questa ragione, ho inviato una interrogazione alla Commissione per sollecitare un’azione del genere sulla pesca.
La risposta di Bruxelles è stata piccata e al limite del menefreghismo: “La Commissione non è del parere che il settore della pesca, in relazione alle proprie dimensioni, riceva una copertura sproporzionatamente inferiore rispetto ad altri settori economici”, ha scritto. E pertanto, non c’è bisogno di un bando ad hoc per far conoscere le attività dei nostri pescatori, i loro sforzi per adeguarsi a norme troppo spesso assurde e punitive, i loro sacrifici per garantire che i prodotti ittici arrivino sulle nostre tavole nel rispetto dei più alti standard di sicurezza alimentare e ambientali.
Reputo questa una forma di discriminazione odiosa. Del resto cosa aspettarsi da una Commissione che aveva persino dimenticato di inserire la parola “pesca” nell’elenco dei portafogli assegnati ai 26 commissari? Cosa aspettarsi da una Commissione che sta destinando enormi risorse alla mera lotta alla disinformazione (creando una sorta di Ministero della Verità che finanzia alcuni media per accusarne altri)?